All’interno della variegata produzione cinematografica esiste un filone dedicato alla danza: i musical, i film musicali e i film che trattano di danza.

Nei musical canto, ballo e recitazione si fondono diventando l’essenza del racconto. Troviamo personaggi che spesso invece di parlare si esprimono cantando e la musica accompagna ogni momento della narrazione. Impossibile non aver mai visto Grease, Fame o Moulin Rouge celebri esempi di questo genere. Anche molti dei cartoni animati per bambini della Disney possono considerarsi veri e propri musical dove a ballare sono gli animali, le piante e gli oggetti.. come dimenticare Fantasia, La Bella e la Bestia o Il Re Leone?

I film musicali invece sono caratterizzati dalla presenza di musica, ballo e canto come elementi “a vista” con band che suonano e cantanti che utilizzano il microfono.

Oggi però vogliamo soffermarci sui film che parlano della danza e che raccontano le vicende dei ballerini ponendo attenzione allo studio e al sacrificio che questa disciplina comporta o celebrando il talento di qualche artista in particolare. Nel corso del tempo i film in questione sono stati tantissimi e hanno preso in esame tutti gli stili di danza facendo sempre più uso di tecnologie ed effetti cinematografici.

Ecco una lista di quelli che noi invitiamo a guardare perché in ognuno c’è qualcosa di magico che chi ama quest’arte sarà in grado di apprezzare.

Scarpette rosse (1948)

Si tratta del film sulla danza per eccellenza, capostipite dell’intero filone. Con mille sfumature i film sul balletto sono in gran parte costruiti sulla difficile scelta fra la dedizione assoluta alla danza e l’amore. Così accade anche a Vicky Page divisa fra la carriera di ballerina e la passione per il giovane compositore Julian Craster. Arrivata al successo grazie ad un balletto ispirato alla novella di Andersen (che dà titolo al film) Vicky sceglierà l’amore ma sarà ormai troppo tardi.

 Staying Alive (1983)

Si tratta del seguito del film musicale La Febbre del Sabato Sera in cui Tony Manero interpretato da John Travolta trovava nella danza uno strumento di emancipazione sociale. Nell’era di Staying Alive invece la New Hollywood è ormai tramontata, lasciando spazio al cinema di intrattenimento che usa la contemporaneità per cavalcare le mode. A questo punto Manero non è più il ragazzotto di Brooklyn che diventa un dio quando indossa il completo bianco coi pantaloni a zampa, ora abbiamo a che fare con un ballerino semiprofessionista che raggiunge il successo a Broadway.

 Flashdance (1983)

La trama è semplice e la musica fa da padrona. Il messaggio che la pellicola intende dare è che nella vita le difficoltà sono sempre tante, ma bisogna continuare a coltivare i propri sogni e non arrendersi mai. Dividersi fra il lavoro in fabbrica e la palestra per gli allenamenti non è cosa da tutti, ma Alex (la protagonista) è molto determinata a passare il provino per l’accademia di danza e, nonostante una storia d’amore nascente con il suo capo e varie incomprensioni, riuscirà a superarlo. L’attrice protagonista nelle parti ballate ha avuto diverse controfigure: una ginnasta, una ballerina di break dance e pare anche un uomo per il ballo dell’audizione.

 Dirty Dancing (1987)

Non è un mistero di come il pubblico femminile sia rimasto catturato dalle atmosfere di Dirty Dancing e dalla storia romantica di Baby, timida ragazzina che i trasforma in donna. Nell’estate del 1963 la giovane Baby si reca in vacanza con i genitori dove conosce l’animatore Patrick Swayze che la seduce a colpi di mambo e foxtrot. Grazie a lui la ragazza viene guidata dalla scoperta del suo talento da ballerina portandoci alla conclusione del film in cui la “danza proibita” viene riconosciuta come salutare elemento di espressione.

 Dancers (1987)

Presenta una trama a specchio in cui la storia del famoso balletto Giselle si riflette nella storia personale dei protagonisti. Anton Sergoyev è un ballerino russo che, insieme alla compagnia di cui fa parte, arriva in Italia per rappresentare il balletto “Giselle”. Anton nella vita è un dongiovanni che ha avuto una relazione con ogni ballerina della compagnia ed ora ha un rapporto con Contessa. Quando arriva la giovane americana Lisa il ballerino non può fare a meno di essere attratto anche da lei e la vita si intreccia sempre di più con il balletto…

Billy Elliot (2000)

Questo film si può annoverare tra i migliori nell’insieme delle opere che parlano del buio periodo del thatcherismo. Alle scene fortemente drammatiche, dove la tensione sociale diviene dramma familiare e dramma personale, fanno da contraltare le scene in cui Billy balla e non si ferma più. Il ragazzo, che fa del suo meglio per adeguarsi alle aspettative paterne frequentando la locale palestra di boxe, incontra nella stessa palestra la sua vera insospettata vocazione. L’altra metà del locale è occupata da una scuola femminile di danza. Dapprima di nascosto, poi sempre più allo scoperto Billy trova il coraggio di opporsi ai pregiudizi di papà e fratello fino a farne i suoi più convinti supporter e a diventare infine il simbolo di un riscatto collettivo.

 Il Ritmo del successo (2000)

È la storia sulle speranze e i sogni di un gruppo di giovani studenti di danza che cercano il successo in un ambiente particolarmente competitivo. Questi ballerini si allenano con dedizione assoluta alla loro arte sacrificando i piaceri della quotidianità. Passando dalla gioia al dolore come capita ai ragazzi di quell’età, sperano di riuscire a superare la selezione per entrare nella prestigiosa American Ballet Academy fino al fatidico saggio di fine anno, che deciderà le loro sorti future.

 Save the last dance (2001)

Sara è un’adolescente con una passione straordinaria per la danza classica. Vuole fare la ballerina, ed è decisa a sacrificare tutto per il suo sogno, entrare alla Juliet di Chicago. La madre però muore in un incidente mentre vuole raggiungere la figlia all’audizione. La vita della ragazza cambia improvvisamente, si trasferisce in un ghetto nero dove con grande difficoltà tenta di recuperare il rapporto col padre e dove incontra e si innamora di Derek, un afroamericano con la passione per la danza Hip Hop. L’incontro tra i due è fondamentale per far tornare a vivere Sara.

 Step Up (2006- 2014)

Step Up è una saga cinematografica di 5 film incentrata sul mondo del ballo. Le trame si assomigliano molto, tendenzialmente troviamo un giovane uomo e la sua controparte femminile entrambi talentuosi ma profondamente diversi. La trama narra della maturazione di questi due ragazzi, che devono imparare l’uno dall’altro a vivere la vita nel grigio, anziché limitarsi a restare nel bianco e nel nero. Un aspetto brillante del film è l’attenzione riservata ai personaggi secondari, che comunque si rivelano essenziali per influenzare le dinamiche dei protagonisti.

Il tutù e le scarpette da punta sono da sempre l’abbigliamento per eccellenza della danza classica, non a caso nell’immaginario collettivo le ballerine vengono inevitabilmente associate ad una voluminosa nuvola di tulle bianco e rosa che esalta la loro eleganza.

Le piccole allieve sognano di indossarlo non appena mettono piede in sala prove e le mamme iniziano ad immaginarle sul palco sin dal primo giorno di lezione. Quando però si avvicinano i primi spettacoli molto spesso l’entusiasmo si trasforma in panico per i genitori che non sanno come districarsi tra le varie tipologie di tutù e i loro molteplici strati di tulle.

Vogliamo fare un po’ di chiarezza per aiutarvi a muovere i primi passi in questo mondo. Partiamo dalla distinzione dei modelli fino ad indicarvi anche come prendervene cura senza che si rovinino.

Tipologie di tutù

Il principale criterio di distinzione riguarda la tipologia di gonna, che permette di distinguere tra tutù classici e tutù lunghi. La costruzione di entrambi si appoggia su un busto con baschina sulla quale vengono fissate le sovrapposizioni degli strati di tulle che hanno pesi e consistenze diverse:

  • I tutù classici (tutù piatti o tutù a ruota) sono caratterizzati da una gonna che non supera mai la lunghezza del ginocchio e forma un cerchio di strati di tulle intorno al corpo della ballerina. Il tulle può essere più o meno corto e rigido, a seconda del balletto, resta piatto e lascia le gambe del tutto scoperte.
  • I tutù lunghi (tutù degas o tutù romantici) sono caratterizzati da una gonna morbida e vaporosa, la cui lunghezza va dal ginocchio alla caviglia. In genere i tutù lunghi si definiscono Degas se arrivano appena sotto al ginocchio e romantici se raggiungono il polpaccio o la caviglia. Solitamente le tinte sono molto tenui, adatte a opere romantiche e sognanti.

Per ognuna delle tipologie si possono trovare modelli più adatti alle allieve o concepiti per professioniste. La differenze principali in questo caso riguardano il numero di veli che compongono la gonna, la modellazione del corpetto e le decorazioni, un tutù professionale può arrivare ad avere fino a 10-11 veli e il corpetto è in genere steccato, realizzato in materiali pregiati e riccamente decorato.

Tutù Piatto

Tutù Degas

 

Oltre ai tutù veri e propri (corpetto e gonna) è possibile trovare in commercio anche le Tutulette, formate dalla sola gonna di tulle cucita su di una mutandina in lycra, spesso preferibili per le allieve e utilissime anche alle professioniste per lo studio in sala prove. Infine una tipologia molto particolare è il Minou più simile ad un body con mini gonnellino incorporato. Questo tipo di costume è spesso utilizzato dalle bimbe, ma si presta anche all’utilizzo professionale per alcuni particolari balletti, come ad esempio la Carmen.

 

Minou

 

Come lavare, stirare e piegare un tutù

La domanda cruciale alla consegna del tutù, oppure quando è necessario riporlo nell’armadio è come si fa a piegare questo indumento. Partiamo dal presupposto che i tutù professionali non andrebbero piegati, ma riposti nelle apposite sacche “a frittella” per mantenere ben diritto il piatto.  Per evitare però che le bimbe arrivino al saggio di danza con il tutù malamente appallottolato e spiegazzato vi daremo qualche indicazione.

I tutù corti da bambina si possono appendere nell’armadio per la mutandina, cioè capovolti, oppure si possono piegare come segue:

- Prendere il body per le ascelle e rovesciarlo, tirando il corpino sopra il tulle e facendo uscire a rovescio la mutandina.

Si avrà così una specie di sacchetto rigonfio, dentro al quale naturalmente i veli di tulle devono restare ben distesi nel senso della lunghezza, anche se compattati. In ogni caso si consiglia di proteggere il capo con un sacchetto pulito, di cellophane o di tela bianca. Prima di riporre il tutù nell’armadio è necessario rimuovere il sudore ed il trucco che possono compromettere il tessuto.

Lavare a mano in acqua tiepida usando pochissimo sapone (adatto per i delicati). Risciacquare poi con acqua fredda fino a quando l’acqua diventa incolore e senza schiuma, l’aggiunta di un pò di ammorbidente eviterà problemi di elettricità statica. Se vi sono ricami o paillettes, mai lasciare immerso nell’acqua per più di pochi minuti: il filato dei ricami potrebbe restringersi “tirando” la fibra del capo; le paillettes possono invece sfogliarsi, perdendo lo strato scintillante. Se il tutu è di tulle rigido asciugare a testa in giù su una gruccia, se il tulle è morbido asciugare su una stampellina nel verso in cui si indossa.

Non vanno mai stirati, al massimo si può utilizzare solo il vapore e passare il ferro tiepido sulle zone maltrattate tenendo sempre tra il ferro ed il tessuto del una stoffa spessa e pulita di cotone bianco.

 Curiosità

Il nome ha un’origine francese piuttosto spiritosa, la parola “tutu” è un vezzeggiativo per indicare il fondoschiena, la parte del corpo su cui si poggia la parte più vaporosa dell’indumento. Alla fine del 1600, quando le prime donne salirono sul palco, i ballerini erano soliti indossare maschere, parrucche e scarpe col tacco insieme a dei vestiti che impedivano l’esecuzione dei movimenti. In particolare, le donne erano costrette ad esibirsi indossando pesanti abiti con gonne stratificate, rigidi bustini e scarpe col tacco, più adatti alle feste in società che ad un palcoscenico. Alla fine del secolo il tutù fece la sua prima comparsa grazie alla danzatrice italiana Maria Taglioni. La sua celebre esibizione del 1832 in “La Sylphide” passò alla storia per aver eseguito la coreografia interamente sulle punte, e per aver portato in scena un tutù disegnato appositamente per l’occasione dall’artista Eugéne Lami.